Amalfi

Amalfi sorge lungo la valle del fiume Canneto (o Chiarito come anticamente veniva denominato) stretta tra il Monte Aureo a Est ed il Monte Tabor ad Ovest;   Il centro cittadino ha la forma di un ventaglio rovesciato che misura circa 1,5 km nella parte più ampia, sulla spiaggia, e qualche centinaio di metri nel tratto opposto della Valle dei Mulini (circa 2 km verso l’interno). La suddetta Valle è la propaggine urbana della più ampia Valle delle Ferriere, l’antica “zona industriale” di Amalfi, ove sorgevano le cartiere e l’antica Ferriera da cui il nome all’intero comprensorio. La Valle per le sue peculiarità faunistiche ed ambientali è oggi riserva naturalistica orientata, e sarà meta di una piacevole passeggiata…Fuori del centro cittadino, in direzione Ovest, e parallela alla Strada Statale 163, si snoda l’antica Via Maestra dei Villaggi. Immersa nel verde dei terrazzamenti di limoni ed ulivi per tutta la lunghezza, circa 4 km, è l’antica strada pedonale che collegava al centro le 5 le frazioni amalfitane… Sul lato mare invece, sempre verso Ovest, snoda l’incantevole costiera ricca di suggestivi anfratti, di spiaggette ed in ultimo della meravigliosa Grotta dello Smeraldo… Procedendo verso Est invece, a poche centinaia di metri è Atrani, raggiungibile sia percorrendo la SS 163 che la panoramicissima pedonale via S. Maria delle Signore: quella che andremo a percorrere. Data l’ampiezza del territorio quindi, per rendere agevole, ma ad un tempo completa, la visita del paese e degli immediati dintorni, veniamo a proporvi dei percorsi ideali, delle piacevoli passeggiate, contrassegnate da diversi colori che, man mano che percorrono il territorio, ne vanno ad abbracciare gli aspetti monumentali, paesaggistici e storico-culturali... Un giro virtuale con la descrizione di un percorso suggerito dall'Azienda di Soggiorno e Turismo partendo dalla ...
Chiesa di San Benedetto
Di impianto barocco, lungo le cappelline laterali conserva numerose tele e statue di Santi. Da segnalare tuttavia: i due dipinti settecenteschi dell’Incoronazione e dell’Assunzione con i SS. Andrea e Lorenzo, nonché il magnifico Pavimento Maiolicato anch’esso realizzato nel XVIII sec…
Una volta in piazza Flavio Gioia passiamo in Piazza Duomo, il cuore di Amalfi, domina la scena l’imponente scalea del Duomo che andiamo a visitare…
Piuttosto che di Duomo, sarebbe più corretto parlare di complesso monumentale, in quanto composto da più corpi autonomi, sebbene intimamente collegati tra loro. L’elemento più antico della struttura è certamente la Basilica del SS. Crocifisso, edificata prima dell’anno 833. Accanto ad essa nel 987 sorse l’attuale Cattedrale dando vita ad un’unica maestosa cattedrale metropolita a sei navate, poi divisa in due chiese in epoca barocca. Il Campanile venne iniziato nel 1180 ed ultimato nel 1276; del 1206 invece la costruzione della Cripta, destinata ad accogliere le sacre spoglie di S. Andrea Apostolo. Ultimo in ordine di tempo il Chiostro del Paradiso, edificato tra il 1266 e il 1268…
Con calma adesso, e nel silenzio dovuto alla sacralità del luogo, entriamo nel
Chiostro del Paradiso
In perfetto stile romanico-amalfitano, fu voluto tra il 1266 ed il 1268 dall’Arcivescovo Filippo Augustariccio, destinato a cimitero dei nobili amalfitani. Suggestivi la struttura ad archi intrecciati che vanno a scaricare su 120 colonnine marmoree, e ancora più il gioco di luci del porticato creato dai raggi di sole che fanno capolino dagli archetti arabescati.
Procedendo da sinistra, troviamo vari reperti lapidei, sarcogagi di epoche diverse e sei cappelline patronali edificate tra il XII ed il XIV sec. Sul fondo incontriamo la cappellina con l’affresco del Cristo Pantacreator, poi quella con la magnifica Crocifissione di scuola giottesca (Roberto D’Oderisio); è un grandioso disegno con in primo piano il Cristo, la Vergine sofferente, Giovanni, la Maddalena, i soldati in armature angioine e, in alto, l’Angelo che prende in consegna l’anima del buon ladrone. La Cappella a destra dell’entrata ci immette nella.
Basilica del Crocifisso
E’ l’antica Cattedrale di Amalfi, edificata nel IX secolo su di un più antico tempio paleocristiano, successivamente adattata al barocco, infine restituita allo stile originario dai restauri del 1994. Libera della veste seicentesca, possiamo ammirare in tutto il suo splendore il matroneo, ornato di bifore e monofore, e le antiche colonne della struttura originaria. Sul lato sinistro, forse residuo del primitivo tempio, due cappelline riccamente affrescate con Scene di Miracoli ed Effigi di Santi, tra cui il Beato Fra Gerardo Sasso, amalfitano e fondatore dell’Ordine di Malta. Nelle teche poste al centro dell’aula è custodito parte del tesoro della Cattedrale. Percorriamo l’area con calma per gustare al meglio: il delicato ricamo della Mitra Angioina del 1297, fatta di gemme, oro, smalti ed un “pavè” di 19.000 perline; il fine cesello del Calice in argento dorato con smalti, perle e gemme della prima metà del sec. XIV; una Portantina Cinese del sec. XVIII, proveniente da Macao; un magnifico Collare dell’ordine del Toson d’Oro; pezzi rari di argenteria di scuola napoletana; e la magnifica Falca derivante da una galea veneziana del XV sec., impiegata dai predoni Saraceni per assaltare la città ma, come tramanda la tradizione, finita con molte altre a picco, sconquassata dalla terribile tempesta che Sant’Andrea, al quale si erano votati gli Amalfitani, scatenò in difesa dei suoi protetti In fondo, sul primo pilastro sul lato destro, è il dolcissimo affresco della Madonna col Bambino del sec.XVI; attigua al pilastro una breve scala collega alla...
Cripta di S.Andrea
Siamo nella “casa” di S. Andrea, il primo Apostolo di Gesù, morto a Patrasso in Grecia abbracciando la croce come il suo maestro… Edificata nel 1206, per accogliere le sacre spoglie dell’Apostolo Andrea, queste giunsero due anni più tardi, traslate da Costantinopoli dal cardinale Pietro Capuano, legato pontificio nel corso della IV crociata. Attualmente le sacre reliquie sono racchiuse in un urna d’argento, posta sotto l’altare centrale, opera di Domenico Fontana. Profonda è la devozione al Santo del popolo amalfitano, rinfrancata due volte all’anno con solenni celebrazioni ma, soprattutto, con frequenza leggermente maggiore, dal “Miracolo della Manna”. Più volte all’anno infatti, in un’ampolla posta all’interno dell’urna, si ritrova “la Manna”, un misterioso liquido dagli effetti taumaturgici e miracolosi, apparso per la prima volta il 29 novembre del 1304. La presenza o meno del liquido nell’ampolla, e la sua più o meno abbondanza hanno un valore propiziatorio per il popolo amalfitano che, alla fine della solenne cerimonia di raccolta, riceve dalle mani del prete officiante pezzetti di cotone imbevuti del sacro liquido. La maestosa Statua di S. Andrea è opera di Michelangelo Naccherino: le due statue laterali raffigurano invece i primi diaconi della Chiesa orientale ed occidentale S. Stefano e S. Lorenzo, opera di Pietro Bernini, padre e maestro del più famoso Lorenzo. Prima di lasciare la cripta, un doveroso sguardo all’affresco di Aniello Falcone del 1610, sulla parete di fronte all’altare; documenta un miracolo compiuto dal Santo mentre le sue spoglie entrano nel Duomo, ed è anche l’unica raffigurazione della Cattedrale prima dell’adattamento barocco. Ancora una scala collega adesso alla
Cattedrale di S. Andrea
La cosa migliore è quella di disporci in fondo alla navata centrale in modo da avere una visione d’insieme dell’edificio. Lo sguardo è subito attratto dal grande Crocifisso Ligneo del XIII sec. che domina l’area liturgica; in alto invece, sull’altare, è la tela del Martirio di S. Andrea opera di Andrea Dell’Asta, discepolo del Solimena (1715); due maestose colonne di granito egiziano sostengono l’arco trionfale, più avanti due Colonnine Tortili ed i due Pulpiti , tutti che facevano parte degli antichi amboni della Cattedrale (XII sec.). In alto è l’artistico Soffitto a Cassettoni (1702) con le tele centrali che raffigurano la “Flagellazione e la “Crocifissione dell’Apostolo”, ed il “Miracolo della Manna” anch’esse opera del Dell’Asta (1710). Iniziamo ora un breve itinerario all’interno della Chiesa. Procedendo verso sinistra, incontriamo: la delicata Croce di Madreperla, portata dalla Terra Santa da Mons. Marini, di fianco il Battistero in porfido rosso egiziano e, scendendo lungo la navata, nelle cappelline laterali alcune Tele di Silvestro Mirra e dei suoi Allievi. Nell’ultimo pilastro possiamo notare una colonna nascosta, un saggio, a mostrare l’antica struttura romanica nascosta sotto i marmi e gli stucchi barocchi. Passati per la navata centrale, ammiriamo il nuovo Altare Maggiore realizzato con il sarcofago dell’arcivescovo Pietro Capuano morto nel 1359; della stessa provenienza l’Aquila che sostiene il leggio. Passati nella navata destra, quasi sul fondo, in una nicchia, troviamo il Busto Reliquario di S. Andrea del sec. XVI e, sulla porta, una grande tela raffigurante S. Andrea e S. Matteo che accorrono in aiuto di Amalfi minacciata dal terribile pirata Kairen-Din, meglio noto come “il Barbarossa”; ogni anno il 27 giugno gli Amalfitani ricordano l’avvenimento con una grande festa in onore del loro Protettore. Usciamo ora, ma prima di congedarci non possiamo non ammirare le Porte Di Bronzo, le prime comparse in Italia, provenienti da Costantinopoli, quale dono di un patrizio amalfitano che le fece realizzare da tal Simone di Siria intorno al 1060. Attraverso la scala ci tuffiamo adesso nel paese, non prima però di lanciare un ultimo sguardo alla magnifica facciata. E' stata realizzata nel 1891 perché l'antica era crollata; spettacolare il mosaico del timpano raffigurante Il Trionfo di Cristo opera di Domenico Morelli: i cartoni originali sono conservati nel Salone del Comune. Scese le scale del duomo, un sorso d’acqua fresca alla settecentesca Fontana del Popolo o “di Sant’Andrea”, e usciamo dalla piazza attraverso la Porta della Marina, sull’estremo lato sinistro della piazza. Sulla parete della Porta della Marina – l’antica porta De Sandala – notiamo il magnifico Pannello Ceramico di Renato Rossi che illustra perfettamente la grandezza marinara di Amalfi e la portata dei suoi traffici. Dal pannello si evince infatti il ciclo virtuoso dei commerci: da Amalfi, cariche di legname, le navi amalfitane giungevano sulle coste dell’Africa Settentrionale ove scambiavano il loro carico con oro, che in seconda battuta impegnavano sulle coste Siriaco-palestinesi acquisendo stoffe preziose, oggetti di oreficeria e spezie, che in una ulteriore terza fase rivendevano in molte città italiane. A sinistra del pannello è l’entrata degli Antichi Arsenali della Repubblica Amalfitana. Unico esempio di cantiere nautico meridionale, le undici arcate attuali sono solo parte superstite delle venti-ventidue che aprivano direttamente sul mare. All’interno sono conservate alcune statue medievali, elementi di spoglio ed il Galeone di Amalfi, quello che gareggia in occasione della già citata Regata. Usciti, attraversiamo il Largo Cesareo Console, in epoca medievale sede di fondaci, dogane e, sul limite dell’aia imbocchiamo lo stretto Vicolo Masaniello che immette in Piazza dei Dogi. Una rapido sguardo alla suggestiva piazzetta e, indietro di qualche passo, prendiamo a sinistra, la ripida Salita S. Nicola dei Greci che collega all’antico Rione Vagliendola. Sul primo tratto della salita sono i resti della chiesa di S. Bartolomeo, del XIII sec., nonché il cosiddetto “Lampione”, un’antica Domus del XII sec, dal magnifico androne colonnato. In cima alla scala è l’antica Porta Occidentale della città, la “Vallenula” che immette alla panoramicissima via Annunziatela. Pochi passi ed incontriamo l’accesso alla
Chiesa di S. Biagio
Documentata fin dall’anno 1082 e per lungo tempo possedimento dell’Abbazia di Montecassino, l’edificio conserva alcuni dipinti cinquecenteschi ed uno splendido pavimento ceramico della fine del ‘700. Una volta fuori del tempio, seguiamo la panoramicissima via Annunziatella che conduce dritti all’ingresso del celeberrimo Albergo Cappuccini. L’ostello occupa i locali di un antico convento del 1212, fondato da Pietro Capuano ove sorgeva la chiesa di S. Pietro “a Toczolo”, anteriore al secolo X. Affidato ai Cistercensi di Fossanova e più tardi abbandonato, il convento nel 1583 venne concesso ai Cappuccini, e nuovamente soppresso a seguito delle Leggi Eversive del 1815. Parte dell’edificio è andata distrutta dalle frane, abbastanza conservati tuttavia: il bellissimo Chiostro del XIII sec., (il terzo Chiostro amalfitano) e la magnifica loggia fiorita: “…chi non ha visto Amalfi, non ha visto il mondo, ma chi non l’ha vista dalla terrazza del Convento dei Cappuccini, non ha visto Amalfi…” (O.Stiwell). Ma torniamo alla nostra passeggiata. Per mezzo del panoramicissimo ascensore, ovvero per mezzo delle ultime scale della via Annunziatella, guadagniamo la SS 163, via S. Quasimodo e, passati sul lato esterno imbocchiamo la piacevolissima passeggiata di via Longfellow. A fine percorso, giunti innanzi la piccola Cappella di S. Cristoforo, protettore dei viandanti, prendiamo la ripida scaletta sul lato esterno, via S. Caterina che ci conduce in piazzetta dei Protontini, il cuore del porto di Amalfi. Sulle panchine della parte alta del porto, concludiamo la nostra passeggiata.

STORIA

Le origini di Amalfi sono ammantate di leggenda, fondata del divino Ercole forse, che la sua spiaggia scelse per seppellirvi l’amata Amalfi, la ninfa dagli occhi color di mare…
ma è certamente una favola, alla maniera classica, e furono piuttosto i pratici abitanti di Scala a fondarla nel VI sec. Qualche tempo prima infatti una spedizione romana diretta a Costantinopoli venne spinta sugli scogli ragusani da una terribile tempesta. Da questi lidi, dopo lungo peregrinare, venne a stabilirsi dapprima nei pressi di Palinuro ove fondò Melphi poi, incalzati dai Vandali dopo la caduta di Roma (476) ripararono come profughi ad Eboli, mai rinunciando però al sogno di una terra tutta loro. Terra che dopo lunga ricerca individuano in Costiera Amalfitana, tra i monti, in posizione ben protetta e ricca d'acque, sulle alture della odierna Scala, ove fondano Cama. In quegli anni sale al trono d’Oriente Giustiniano, dopo dura lotta il nuovo monarca strappa ai Barbari quasi tutti gli antichi possedimenti italiani, estendendovi il proprio protettorato. In questa atmosfera di relativa sicurezza gli Scalesi, o meglio i Camensi, circondati sul fronte interno dai Barbari, tentano la via del mare e della navigazione: fondano così Ravello, Atrani ed Amalfi (Amalphia). Agli inizi del VI sec. calano in Italia le orde di Alboino. Lungo quasi tutta la fascia costiera, nel Sud, a Roma e a Ravenna i Bizantini tengono, ma il resto dell’Italia cade in mano al Longobardo. Amalfi poco più che “castrum”, un avamposto difensivo contro i Longobardi del Ducato di Benevento, Salerno e Capua, (così la definisce nel 596 papa Gregorio Magno in una lettera al vescovo di Amalfi) intraprende una certa attività mercantile autonoma verso i territori orientali. L’avventura ha però vita breve, mortificata dal longobardo Sicardo che nell’839 espugna la città, la saccheggia e trae schiavi in Salerno gli abitanti. Ancora oggi a Salerno il luogo in cui furono deportati gli Amalfitani, il quartiere Le Fornelle nel centro storico, è identificato quale “Quartiere degli Amalfitani”, che quivi lasciarono una forte impronta nel dialetto ed in certe usanze degli abitanti. Morto Sicario, dissidi sorti tra i principi eredi, dopo aspri scontri finiscono per dividere il Ducato tra Salerno e Benevento (e Capua). Eletto signore di Salerno Siconolfo, che ha vinto grazie all’apporto degli Amalfitani, restituisce loro la libertà e tutto il maltolto. La triste esperienza convince i paesi da Cetara a Positano ad unirsi: nasce nel Dicembre 839 la libera Repubblica Amalfitana. Stato indipendente dall’839 al 1137, la Repubblica (Marinara) di Amalfi riunisce sotto “lo scudo d'argento bandato di rosso” un ampio territorio compreso tra Lettere, Stabia e Tramonti/Chiunzi sul versante interno, Cetara e Positano lungo la costa, l’isola di Capri e tutta la zona di mare prospiciente, identificando Amalfitani tutti coloro che entro questi confini vengono a trovarsi. All’unisono nelle relazioni politiche e militari, nei rapporti interni ogni “universitas” (città) mantiene il proprio nome ed un’ampia autonomia amministrativa, ma anche un ruolo specifico a servizio delle consociate. Così, ferma restante l’attività produttiva e mercantile che ogni centro autonomamente conduce: Amalfi funge da sede dell’Arcivescovado e del Governo centrale, al cui vertice si succedono negli anni Prefetti, Comiti, Giudici, finchè Mastalo II nel 954 instaura il Ducato ereditario; Atrani, insieme ad Amalfi unica “civis” del territorio, è residenza della nobiltà cittadina e, nella Chiesa di S. Salvatore de Birecto, luogo d’investitura dei Duchi; Minori, centro produttivo e commerciale, è sede di Arsenali suppletivi, di vescovado e residenza privilegiata di molti Duchi; Maiori, cuore commerciale dell’intero Ducato, è sede degli Arsenali Maggiori, dell’Ammiragliato, delle Dogane e del Fondaco del Sale; Scala sede delle più antiche e nobili famiglie del Ducato, fungeva da acropoli, dotata di proprio vescovado; Ravello ricchissimo centro commerciale (possedeva una fornita flotta nei centri orientali del Ducato) è sede di nobilissime famiglie, estranee però al governo comunitario, l’opposizione diremmo oggi; per finire, Conca dei Marini e Praiano centri commerciali forniti di attrezzata flotta e scali marittimi; Positano anch’esso ricchissimo centro commerciale, sede della Scuola Nautica…
In meno di due secoli il Ducato Amalfitano diviene la maggiore potenza commerciale e militare dell’alto Tirreno, ed Amalfi "la più prospera, nobile ed illustre città della Longobardia" come ebbe a dire il viaggiatore arabo Ibn Havcal nel 977, importantissimo centro cosmopolita ove secondo Guglielmo di Puglia (fine XI sec.) “…abitavano i migliori navigatori del tempo ed in cui giungevano mercanti provenienti da tutte le parti del mondo allora conosciuto…”. Alla base delle sue fortune il legname di cui all’epoca erano ricchissime le montagne costiere. Materia prima per la costruzione dei mercantili, il legname ad un tempo costituiva preziosissima merce di scambio con i paesi arabi ed africani, artigiani e navigatori eccellenti ma perennemente affamati di legno che le scarne risorse forestali africane non erano in grado di soddisfare. Le navi amalfitane cariche di legna partivano alla volta dell’Africa Settentrionale ove scambiavano la loro merce con l’oro proveniente dalle miniere poste nel cuore dell’Africa. Ripartiti, sulle coste Siriaco-palestinesi e dell’Asia Minore cambiavano l’oro con pietre preziose, avorio, manufatti di oreficeria, spezie, sete e stoffe preziose che poi riportavano in patria e a Roma, Ravenna, Pavia e nelle maggiori città italiane. Desiderio, abate di Montecassino (futuro papa Gregorio VII) ad Amalfi si fornisce delle preziose stoffe da recare in dono all’imperatore Enrico IV. Ovunque li portino i loro traffici gli Amalfitani fondano colonie e centri di rappresentanza: ad Alessandria d’Egitto, a Tunisi, a Cipro, a Bisanzio, perfino a in India. Sul monte Athos in Grecia fondano un monastero, a Gerusalemme un grandioso ospedale capace di oltre 1000 posti letto, retto dai frati Ospedalieri di S. Giovanni, oggi noto come Ordine dei Cavalieri di Malta. Verso la metà dell’anno 1000 Roberto il Guiscardo invade l’Italia Meridionale. Il Ducato amalfitano, suo malgrado, deve accettarne il protettorato ma nel ‘96 tenta il riscatto. Un disastro. Annientati, gli insorti vengono privati di ogni residuo privilegio, spogliati dei castelli e di gran parte della flotta e lo stesso Duca Marino Sebaste viene definitivamente deposto…
Contro il Guiscardo nel frattempo si forma una Lega guidata dal papa, aderiscono anche i Pisani, nemici giurati degli Amalfitani. Nel giugno del ‘135 sbarcano in forze lungo tutto il litorale mettendo a ferro e fuoco i centri costieri. Due anni dopo tornano, e completano le devastazioni distruggendo tutte le fortificazioni. Nel frattempo al Guiscardo succede Manfredi, che batte la Lega e consolida il predominio Normanno; Ma il Papa non si arrende e, sostenuto stavolta dagli Angioini, ritorna all’attacco…ed alla fine la spunta: inizia la dominazione francese. Sebbene privata della preziosa autonomia, dal punto di vita economico e culturale il XIII e parte del XIV sec. risultano particolarmente proficui per la società amalfitana. Vengono applicate le tecniche di produzione della carta apprese dal mondo arabo, si incrementa la lavorazione della lana e, nella parte più interna della Valle del Canneto, nel 1361 si installa una delle più antiche Ferriere d’Europa. In campo marittimo e giuridico viene definitivamente introdotto e perfezionato l'uso della bussola, ed il giudice Giovani Augustariccio nel 1274 fissa su carta le “Consuetudines Civitatis Amalfie”. Infine grazie all’azione del cardinale Pietro Capuano e immediatamente dopo dell’arcivescovo Filippo Augustariccio, vengono realizzate notevoli opere pubbliche e monumentali quali: l’Ospedale di S. Maria Cruciferarum, le scuole pubbliche ed un nuovo porto, nonché il Chiostro Paradiso, la Cripta del Duomo, il Campanile ed ultimata la Cattedrale. Ma la fine è nell’aria; La guerra tra Angioini ed Aragonesi per il predominio del Regno di Sicilia, non solo blocca i commerci amalfitani, ma addirittura provoca la confisca delle navi a fini bellici. Il colpo di grazia arriva poi con la nuova concorrenza dei commercianti catalani, frattanto che gli Aragonesi subentrano agli Angioini, e soprattutto con la terribile tempesta del 24 novembre del 1343. Una tempesta di portata eccezionale infatti, investe gran parte del Regno di Napoli, ed in Costiera Amalfitana ingoia quasi un terzo del litorale e tutti i porti; Il Petrarca, in viaggio nel Regno di Napoli, lascia una minuziosa cronaca dell’evento in una nota epistola delle “Familiari”. Assoggettato a feudo dal 1392 al 1583 il Ducato di Amalfi, assiste avvilito e sconfitto, al susseguirsi quali duchi di Amalfi di esponenti di nobili famiglie straniere quali i Sanseverino, i Colonna, gli Orsini ed infine i Piccolomini.



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